Ho scritto di questa storia mille volte e in mille forme. Poi non mi sono mai sentita fino in fondo di condividerla perché faceva male o perché non ero sicura di avere chiaro quello che volevo comunicare, perché penso sempre un po’ troppo. Oggi capisco che non è così importante e la storia parla da se.
Nel 2016 avevo 17 anni e al compleanno di un caro amico ho bevuto abbastanza da finire la serata semi incosciente sul marciapiede davanti al locale. Sarei dovuta andare a dormire dal festeggiato insieme ad un’altra amica, per questo ero fra i pochi ancora presenti a fine serata. Nel caos della circostanza un invitato, uno sconosciuto per me, ha preso a dire che la mia condizione era troppo grave, che sua madre era infermiera ed era bene portarmi con se per farmi accudire da lei. Mi ha caricata di peso sulla sua macchina. Nessuno era abbastanza lucido o abbastanza interessato a vedere le vere intenzioni dietro a questo gesto così mi sono ritrovata a ritornare semi cosciente nel letto di questa persona che mi supplicava per un bacio che non ha avuto e continuava ad insistere perché mi concedessi, a dire che sapeva cosa volevo. Di fatto ero confusa e provavo dell’eccitazione ma sufficientemente presente da ribadire il mio dissenso. Ha insistito un po’ senza esito e poi ha praticato del sesso orale su di me incapace di reagire, come per provare a convincermi a concedermi. Non avevo avuto prima nessuna esperienza sessuale e non mi era facile capire cosa stesse succedendo.
Mi fa fatica raccontarlo dopo 6 anni perché ancora non mi perdono del tutto per non aver saputo esprimere la mia rabbia in quel momento, per non aver riconosciuto i miei diritti e poi per essermi trattata per tanti anni come se fosse quello che merito non essendo in grado di farmi valere e non essendo abile nel chiarire i miei confini. A volte provo ancora vergogna per il fatto che il disgusto non è stata la sola cosa che ho provato nella situazione. Mi sforzo a scriverlo perché voglio sottolineare quanto è pesante l’impatto di uno stupro su una persona priva di esperienza.
La mattina dopo mi sono solo fatta riportare a casa del mio amico ho espresso la mia rabbia con impaccio. Mi sono fatta raccontare quello che non sapevo, ho provato a spiegare al mio amico che la cosa era sbagliata- sempre sentendomi un po’ di fare a pugni col vento, di gridare al muro. Per anni non senza imbarazzo e dolore ho raccontato di tanto in tanto a qualche amica l’accaduto, sempre sminuendolo. Non avendo implicato l’ uso di violenza intesa come percosse, minacce, torture per sottomettermi ero portata a non identificarlo come un vero atto violento, pensavo che se fossi stata più chiara, più decisa avrei potuto difendermi e impedire la violenza sessuale. Questo è cio che trovo più orrendo e faticoso ancora ora. Non avevo l’educazione né la consapevolezza giusta per pesare quello che mi era successo, non avevo abbastanza amor proprio e maturità per capire che come mi sono sentita per tutti gli anni successivi non era giusto, che tutte le colpe che mi prendevo rispetto a quella circostanza non erano giuste.
Tramite il confronto con alcune persone mi rendevo conto che c’era qualcosa che non andava in come pesavo l’evento, incongruenze fra come parlavo, come mi sentivo, come sentivo di essere percepita.
Non ho mai pensato di essere responsabile della situazione per come ero vestita o per il fatto di aver bevuto. Il mio problema è più insidioso e riguarda la non chiarezza di quello che provavo quando toccava il mio corpo per provare a convincermi, riguarda la difficoltà a chiarire i miei confini, la difficoltà a pesare e riconoscere i miei bisogni e dopo la sensazione di non volere al 100% qualcosa ma sentirsi comunque in dovere di concedersi che ho vissuto poi in altre circostanze.
Nei mesi successivi a questo episodio ho disegnato moltissimo, all’inizio in modo compulsivo, non facevo altro. Mi sono resa conto solo anni dopo di come questo comportamento si fosse sviluppato con imponenza proprio le settimane dopo l’abuso. Stavo scrivendo un enorme diario a me stessa carico di dolore ed inquietudini che non trovavano spazio per essere espressi altrove, era un grido di rivendicazione di me stessa. Soffrivo già di ansia e dopo il fatto la cosa è peggiorata. Finché non sono andata in terapia impazzivo cercando di capire il senso e l’origine di questa ansia, mi sentivo malata e la maggior parte delle mie energie le usavo per combatterla e sopravviverle.
Per l’università, seppure in disaccordo con i miei genitori ho deciso di andare a vivere fuori casa, spinta dal bisogno di vedermi altrove, distaccarmi dalla famiglia per la quale provavo una forte sfiducia e chiarire le origini del mio malessere. Lavoravo studiavo e facevo un po’ la fame. Intanto vivevo le mie prime esperienze amorose ed era sempre più chiaro che qualcosa non andava. Scappavo da ogni relazione che provavo ad intraprendere scontrandomi sempre con emozioni negative che non sapevo gestire e grande confusione e conflitti interni riguardo come mi sentivo e come vedevo l’altro. Se provavo interesse da una parte dall’altra c’era diffidenza e disgusto, non mi fidavo mai del tutto dell’altro non mi fidavo mai di quello che provavo.C’è stata una relazione in cui per quanto i sentimenti non fossero chiari sapevo che c’era un vero affetto da parte dell’altra persona,sapevo di potermi fidare razionalmente, i comportamenti di cura dell’altra persona erano chiari e comunque vivevo l’interazione con enorme ansia. Ho cominciato a capire che nella maggior parte dei casi i mostri che vedevo negli uomini erano mie proiezioni e molte mie difficoltà erano legate a forme di difesa. Ma difesa da cosa e perché esattamente? Durante la primavera del 2020 c’è stata una nuova relazione da cui sono uscita molto provata. Ero all’estero e avevo deciso che la mia priorità assoluta rientrata in Italia era continuare a vivere fuori da casa dei miei genitori e intraprendere un percorso di psicoterapia, chiedere aiuto per cercare di fare ordine. Nella stessa primavera anche grazie a insightout avevo ricominciato a riflettere sugli eventi alla luce delle esperienze avute e di una maggiore maturità e a comprendere su un piano razionale – come esaminando la vita di un altro – che certi più di altri avevano avuto un impatto più grande di quello che credevo sulla mia vita e potevano spiegare molti dei miei problemi attuali (essere convinta che l’interesse dei maschi nei miei confronti fosse legato solo a interesse sessuali, problemi di fiducia in generale, autostima bassissima, l’ansia). Nel periodo che coincide con il rientro e questa scelta di iniziare un percorso si è riavvicinata a me una persona a cui tenevo molto. Dopo un primo momento di diffidenza ho sperimentato per la prima volte il fatto di sentirmi amabile e capace di amare. Stavo male ma per la prima volta ero sicura dei sentimenti che provavo per una persona e potevo distinguere la mia difficoltà da questi sentimenti. Un giorno ero con lui, dormivamo insieme , io ero in preda a un forte episodio di ansia. Mi ha accarezzato la schiena e ho avuto una violenta reazioni irrazionale di difesa.Nell’arco di un paio di settimane introno a questo fatto, raccontando dopo qualche mese di terapia dell’abuso e poi il mio vissuto attuale e passato ho visto un faro illuminarsi su tutti gli anni di lotta alla sopravvivenza, c’è stata una vera epifania. Tutte è diventato molto più chiaro e leggibile. Si sono accesi in me una rabbia potentissima e l’urgenza di reagire.
Ho deciso di sporgere denuncia scoprendo che era possibile farlo anche dopo diversi anni grazie all’aiuto di un’amica e insieme abbiamo individuato un posto dove potevo sentirmi sicura nel deporre la mia storia.
È stato bello sentire di riprendermi qualcosa di grosso. Dopo ho immaginato spesso di poter vivere per sempre nell’intensità dei primi momenti di presa di coscienza, mi sembrava di avere una forza immensa, oltre a molto dolore e rabbia nel comprendere a un livello più profondo cosa mi era capitato nella vita, dolore nel collegare i puntini; tutte le difficoltà a fidarmi degli uomini, da cose “piccole” come difficoltà a guardare i partner negli occhi a cose come incapacità di sentire veri i sentimenti degli altri verso di me, incapacità di credere al loro interesse e alle loro parole, l’ansia durante i rapporti sessuali, episodi di ore di pianto muto dopo rapporti molto intensi, reazioni di angoscia e tristezza profondissima quando un uomo mostrava interesse nei miei confronti o mi chiedeva di uscire.
Dopo la denuncia ho vissuto un impatto inevitabile nelle relazioni con le persone più vicine specialmente con quelle che sono state coinvolte nelle indagini.
Aspettative alte rispetto al fatto di venire compresa da alcune persone sono state deluse. Con la mia famiglia in particolare non è stato affatto facile, non è facile per me tutt’ora, per quanto so che mi vogliono bene.
Sono stata fortunata a ricevere forte supporto ed accoglienza dalle persone che vivevano con me anche dove non avevano idea della causa dell’esplosione di emozioni che stavo vivendo. Emozioni nuove che non sapevo gestire molto pesanti e intense.
Avevo l’enorme urgenza che alcune persone care mi vedessero subito in un modo nuovo come potevo fare io. Non avevano strumenti per farmi sentire come avrei voluto e non riuscivo a valutare in modo realistico i limiti degli altri. Questo mi ha schiacciata per lungo tempo.
Ci sono stati momenti a ridosso delle udienze in cui ho vissuto attacchi di panico, sensazioni fisiche di intrusione pervasive, un senso di solitudine molto profondo. Per molto tempo mi è capitato di sentirmi toccata quando ero completamente sola .
La prima parte del processo si è chiusa alla fine dell’autunno del 2021, ho avuto una sentenza e l’imputato è dichiarato colpevole.Il giorno dell’udienza saperlo non riusciva a darmi neache la gioia che avrei voluto per quante altre emozioni c’erano in ballo. È stato molto faticoso il post, ho cercato e trovato tutela, sostengo e solidarietà in un centro antiviolenza della mia città.
Il mio tono di umore è stato molto basso nella prima parte del 2022, risultando invalidante nella quotidianità. Fino a poco fa capitava spesso che trascorressi giornate intere a letto sovrastata dalla tristezza, dalla rabbia, dal grigiore. Ho dubitato di essere forte abbastanza da riuscire a migliorare la mia vita e ad amare davvero me stessa. Ovviamente ho una storia in cui il trauma dell’abuso sessuale non è l’unico problema e proprio a partire da questa lotta ho capito tanto anche sul resto . Ci vorrà pazienza e ho cominciato a capire che rispettare i propri tempi è tutto.
Al di là della prima “vittoria” giuridica so che la vera conquista è stata trovare il coraggio di denunciare dopo tanto tempo, consapevole del fatto che avrei dovuto fare i conti ancora e ancora ogni giorno con un episodio doloroso che non descrive la persona che sono stata o sono ora e andando ad esporre il mio vissuto al giudizio di sconosciuti.
Di fatto vivendo il processo ho capito perché le persone spesso non denunciano, riconsiderato questa scelta ri-interrogandomi spesso sulle mie ragioni e a volte torturandomi anche, lo sanno i capelli che perdo.
Nonostante tutto non la ho mai rinnegata (e un po’ ringrazio di essermi lasciata guidare molto dalle emozioni e di non essere stata eccessivamente preoccupata delle conseguenze).So che per quanto è stato e sarà pesante il mio iter giuridico, denunciare è stato importante. Da lì ho iniziato a prendermi spazio e tempo per riordinare i tasselli e soprattutto per esprimere e accettare il dolore dopo anni in cui lo comprimevo; primo passo per ricostruire la mia libertà, dire a me stessa che merito giustizia e che ho il diritto di vivere. Per queste cose una volta in più mi ringrazio.