Quando si tratta di parlare delle mie esperienze personali, trovo molto difficile aprirmi perché questo implica apparire vulnerabile e io sono cresciuta con il concetto che la vulnerabilità sia una brutta cosa. Ho imparato che dovevo essere forte, il che significava nascondere i miei problemi e risolverli da sola senza condividere le mie preoccupazioni con nessuno. La verità è che molte volte non ho avuto il coraggio di parlare di quello che mi è successo, era molto più facile guardare avanti e dimenticarsi di qualsiasi problema. Faceva male, faceva più male di quanto potessi immaginare, ma ora so che è solo passando attraverso questo dolore che ho potuto pian piano liberarmene.
Quindi eccomi qui a scriverlo.
Mio nonno ha avuto un ictus quando aveva intorno ai 40 anni, io non l’ho mai visto prima di allora, aveva difficoltà a camminare e probabilmente anche qualche problema cognitivo.
Quando avevo circa 6 anni, forse un po’ più grande, forse un po’ più piccola (è difficile associare i ricordi d’infanzia ad un’eta precisa), andavo a casa dei miei nonni a trovarli quasi ogni settimana. Una volta lì, capitava che mio nonno mi chiedesse di andare con lui in un’altra stanza prima di raggiungere il resto della famiglia.
Si sedeva su una sedia e mi faceva sedere di fronte a lui, poi cominciava a dirmi di toccarlo. Voleva che toccassi i suoi pantaloni e il suo pene, all’inizio mi rifiutavo di farlo ma poi lui insisteva e lentamente spingeva la mia mano verso di lui. I miei ricordi di quei momenti sono molto confusi e per molto tempo ho rifiutato di credere che fosse mai successo. Ma da quando ho iniziato a cercare di ricordare, alcuni dettagli continuano a venire fuori, come le parole esatte che mi diceva e che continuava a ripetere quando mi trovavo lì di fronte a lui. Ricordo la mia ansia pensando che qualcuno potesse aprire la porta e vederci, non volevo che qualcuno si arrabbiasse per colpa mia. Non ricordo né la prima né l’ultima volta che è successo, non so nemmeno per quanto tempo è durato. Ma ricordo che mi sono abituata, e quello che prima era così innaturale è diventato poi un atto normale. Entrare in quella stanza con lui, le parole che mi sussurrava, e la mia mano che quasi automaticamente lo toccava, fino a quando mi diceva che potevo tornare dagli altri. Agli occhi di un bambino, ai miei occhi, anche una cosa così sbagliata può finire per sembrare normale, specialmente se detta da qualcuno che si conosce e si considera degno di fiducia, come un familiare.
Ricordo vagamente quando i miei genitori lo scoprirono, mio nonno aveva provato a fare lo stesso con una delle mie cugine che lo aveva poi detto ai suoi genitori. Così la cosa venne fuori. Mia madre mi disse che non saremmo andati a casa dei nonni per un po’, io non chiesi e loro non dissero nulla e così l’intera faccenda venne sepolta sotto una grossa pietra. Io mi ricordo di aver provato vergogna per quello che era successo, avevo causato uno scandalo nella mia famiglia ed ero convinta fosse tutta colpa mia. Eppure nessuno mi disse mai che io non c’entravo niente e che in nessun modo mi sarei dovuta sentire responsabile. E così sono cresciuta nell’incosapevolezza di quanto tutto ciò mi avesse segnata.
Anche da più grande, ho sempre evitato l’argomento, avevo troppa paura di parlarne e di creare situazioni scomode. Ogni volta che penso a quei tempi provo un misto di vergogna e disgusto. Anche ora, nonostante io mi renda conto della gravità della cosa, non riesco a non vergognarmene e a non sentirmi in difetto per aver fatto una così sbagliata.
È abbastanza ovvio che cose del genere non possono essere cancellate dalla memoria di qualcuno, eppure sono stata convinta del contrario per molto tempo. Purtroppo il modo più semplice di affrontare un abuso è ignorare che sia mai accaduto. Ora che sto cercando di affrontare la realtà, ho iniziato a rendermi conto di quanto questo abbia avuto un impatto sulla mia vita. Tutte le esperienze che ho avuto crescendo sono state condizionate da questo abuso, mi sono circondata di mura alte per proteggermi da qualsiasi altra persona che volesse approfittarsi di me. Trovo più facile avere rapporti con persone che conosco a malapena piuttosto che avere una relazione con un ragazzo che mi piace davvero. Preferisco essere quella insensibile che non mostra i suoi sentimenti, ho imparato ad apparire indifferente, piuttosto che dovermi aprire e mostrare le mie debolezze con il rischio di essere ferita. Per tutte le volte che non sono scappata quando ero seduta davanti a mio nonno, sono scappata quando qualcuno ha voluto conoscermi davvero per quella che sono.